Attacchi di panico

Gli attacchi di panico possono costituire un vero e proprio disturbo, un disturbo d’ansia. Una crisi di attacco di panico si riconosce perché gli attacchi di panico sono improvvisi, non sembrano essere provocati da alcunché. Sono caratterizzati da una paura e un disagio di altissimo intensità. Il senso di minaccia provato in quel momento è elevato, il terrore, un’imminente paura di morte, un’esperienza debilitante e fortemente destabilizzante. I sintomi possono variare e includono: tremore, respirazione superficiale, sudorazione, nausea, vertigini, iperventilazione, parestesie (sensazione di formicolio), tachicardia, sensazione di soffocamento o asfissia. spesso tali sintomi simulano un infarto e quindi fanno erroneamente pensare ad esso.

 

Se il disturbo di attacchi di panico non viene curato, può portare a conseguenze molto serie. Se non si comincia una terapia intelligente, spesso si può soffrire anche di depressione, ci si sente insoddisfatti di tutto e si ha paura persino di uscire di casa. In questo modo si va a stabilire il cosiddetto meccanismo “paura della paura”. Per il soggetto, l’associazione dell’attacco di panico e l’ambiente o il posto specifico in cui si è manifestato l’attacco di panico, diventa quasi un fatto magico. In questo modo si va a stabilire un circolo vizioso potentissimo nel quale si ha l’illusione che se il soggetto evita il luogo o l’ambiente in cui si è sentito male, potrà controllare la situazione è cosi non gli accadrà nulla. Una strategia di evitamento, si andrà a consolidare sempre di più.

 

Dunque, fatti quotidiani in cui il paziente si sente costretto in una certa situazione come per esempio un banale mezzo di trasporto: metropolitana, aereo, macchina, ascensore, ed ancora, ambienti che costringono il paziente a percepirsi in una posizione senza via di uscita come il cinema, un ingorgo, un centro commerciale, o al contrario, in ambienti troppo aperti in cui ci si sente persi e senza punti di riferimento., come per empio un’autostrada.

 

La strategia di evitamento inizialmente, sembra funzionare in quanto la persona vive l’illusione di poter controllare il problema evitando alcune situazioni. Purtroppo, l’iniziale sollievo ha breve durata. Infatti, progressivamente aumentano le situazioni “pericolose” fino a limitare in maniera significativa la vita quotidiana della persona e la sua vita di relazione con gli altri, che può, in alcuni casi giungere a chiudersi in casa per evitare incontri sociali. Tutto diventa difficile, anche le azioni più semplici e scontate, come recarsi al lavoro, fare una passeggiata, ecc.

 

La paura di avere paura restringe il raggio di azione fino ai minimi termini. Nella mia esperienza clinica una volta in Inghilterra incontrai una signora che dopo tanti anni di sofferenza era diventata incapace di spostarsi anche all’interno di casa sua, e così non poteva utilizzare più la sua camera da letto, ma solo il soggiorno e un affaccio sul giardino dove viveva, dormiva mangiava e si lavava.

 

Questo appena descritto è un caso estremamente grave.

 

Nella maggior parte dei casi la persona pur soffrendo, si costringe ad uscire, lavorare, affrontare un viaggio, ma purtroppo vive il tutto con grande disagio e profonda angoscia. Tutto ciò inficia la qualità della sua vita e toglie il piacere a ciò che invece potrebbe essere una gradevole esperienza. Apparentemente la persona partecipa all’esperienza gradevole che potrebbe essere un teatro, cinema, o incontro sociale, ma in realtà è immerso in un mondo parallelo che solo lui conosce. Se riesce a contenere l’ansia, la persona si sentirà male ma cercherà di nascondere la sua condizione. Diversamente l’angoscia lo assalirà nello stomaco e gola, e la “paura di avere paura” avrà la meglio, e lo costringerà a lasciare il teatro o la sala cinematografica, o gli amici. Apparentemente la persona in preda a questo tipo di angoscia partecipa alla situazione che sta vivendo ma in realtà è separato dall’esterno da un vetro trasparente. Egli non ascolta nulla, non gli arriva il calore o la vivacità dell’ambiente esterno, è solo, completamente isolato, anche se circondato da persone che mostrano affetto, non potrà percepire nulla in quanto saturo del suo mondo angoscioso. È una sensazione tremenda ma anche innocua. È proprio questo il paradosso, non c’è nessun pericolo, il paziente non morirà e non sarà aggredito. Il paradosso è che non ci sono pericoli per la salute o per l’incolumità della persona, eppure questa soffre atrocemente come non mai nella sua vita.

 

 

CURARE GLI ATTACCHI DI PANICO

 

Le manifestazioni corporee del panico rappresentano una chiave cruciale di lettura per interpretare correttamente il disagio del soggetto. Vale a dire è proprio attraverso la comunicazione del corpo che si può arrivare ad una comprensione più profonda della terribile condizione vissuta. Il corpo è dunque, un nostro amico pronto a volerci aiutare. È importante ascoltare quello che lui vuole comunicarci proprio attraverso i sintomi. Nell’intervento psicoterapeutico grande importanza viene data al paziente considerato non come una persona isolata dal suo contesto sociale ma come persona che si relaziona con tutto il suo prossimo. Saranno dunque le sue relazioni affettive/amorose e sociali a guidarci nella cura degli attacchi di panico.

 

 

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